Il tema delle sette, altrimenti dette Nuovi Movimenti Religiosi, sta suscitando, oramai, attento interesse, oltre che nel campo sociologico, psicanalitico o teologico, anche in quello giuridico, a causa dell'emergere sempre più prepotente del fenomeno e delle connesse problematiche criminologiche.
L'autore del libro, ricercatore presso la cattedra di diritto amministrativo alla Facoltà di Scienze Politiche di Cagliari, purtroppo prematuramente scomparso alla giovane età di 30 anni, ha condotto una ricerca molto approfondita e a "tutto campo", spaziando dall'ambito sociologico a quello medico-psichiatrico, per finire a quello prettamente giuridico.
La posizione dell'Autore è antitetica a quella del Prof. Del Re - di cui già abbiamo avuto modo di occuparci nel precedente numero della rivista, con il suo "Riti e crimini del satanismo" - in quanto, a dire di Usai, sono tuttora presenti i problemi relativi all'introduzione di una fattispecie criminosa, sostitutiva del reato di plagio, che possa realmente tipizzare sotto il profilo penalistico la tutela della "integrità psichica".
L'autore muove dalla descrizione dell'evoluzione del delitto di plagio, fino alla dichiarazione d'incostituzionalità del 1981, nel cui contesto l'Alta Corte ha ravvisato la violazione del principio di legalità - di cui all'art. 25 della Costituzione - per mancanza di tassatività della norma. Il problema, a suo avviso, non è risolto neppure dalle recenti elaborazioni di diversi giuristi.
L'iter seguito dal ricercatore nel motivare la propria posizione è estremamente serrato. Partendo da una descrizione fenomenologica dei problemi legati all'insorgere dei nuovi culti, arricchita da una vastissima bibliografia, egli affronta innanzitutto il problema del cosiddetto "lavaggio del cervello". A fronte di ridotti supporti scientifici - che si rifanno principalmente all'esperienza dei prigionieri di guerra americani internati nei campi di concentramento coreani e vietnamiti - e delle poche righe descrittive contenute nel DMS-IV, egli cita numerosi studi diagnostici del fenomeno, forniti da esperti sociologi e psicanalisti, che proprio in relazione al fenomeno dei Nuovi Culti hanno svolto un'intensa attività di ricerca, giungendo a conclusioni diverse e a volte opposte.
Le indicazioni che provengono dagli studi della psicologia sociale, dunque, possono aiutare a descrivere in maniera più compiuta il fenomeno, evitando, d'altra parte, che giudizi di valore, espressi dalla corrente positivista della psichiatria, possano entrare nel merito di una sfera che attiene esclusivamente al singolo ed alla sua libertà di pensiero e di religione.
I dati che emergono dalle specifiche ricerche evidenziano come l'uomo, inserito in un contesto come quello delle sette, sia facilmente condizionabile, in quanto è portato ad adeguare il proprio comportamento a quello della maggioranza; questo, ed altri indicatori di natura psicologica, descritti dalla vasta letteratura sulle sette, descrivono in maniera sicuramente più calzante la capacità di successo dei cults.
Nell'affrontare, quindi, il problema delle prospettive d'incriminazione in relazione al bene oggetto di tutela - identificato nella libertà di scelta e di autodeterminazione della persona - egli formula innanzitutto un rilievo alla posizione di Del Re, in merito al criterio di ragionevolezza - quale coscienza sociale obiettivata - prospettato da quell'Autore come criterio di discernimento. Infatti, adottando una tale prospettiva, si entrerebbe nel merito delle idee oggetto dei condizionamenti, mentre la tutela della libertà di religione impedisce che si possa perseguire questa strada. Solo i condizionamenti realmente operati e, quindi, i mezzi utilizzati, possono essere oggetto di valutazione. Ciò comporta che, se da una parte vanno evitate facili generalizzazioni, dall'altra si acuisce la necessità di approfondire la specificità delle singole ipotesi considerando, poi, che già esiste un'attenzione ai mezzi che regolano l'attività religiosa nella tutela, ad esempio, di tipo civilistico e quindi di natura extrapenale, dell'integrità psichica (e nell'ultimo capitolo del libro illustra come, a suo dire, l'attuale sistema penale sia in grado di tutelare adeguatamente l'individuo dai condizionamenti).
Inoltre, a fronte delle norme prospettate da introdurre a tutela dell'integrità psichica, si rileva una carenza di tipizzazione legata a una difficoltà di determinare l'integrità psichica, per sua natura differente da quella corporea o di tipo materiale; una difficoltà a regolare con norme penali comportamenti extra giuridici, quali quelli delle influenze intersoggettive e, in terzo luogo, a determinare se la persona sia consapevole e/o consenziente circa i condizionamenti posti in essere.
Considerando, poi, che la psichiatria e la psicologia non hanno stabilito in modo univoco se esistono condizioni o metodi che rendono succube un individuo o un gruppo, non si può introdurre una norma che non renda tipica la condotta ed i suoi effetti. Per il fatto, quindi, che le fattispecie penali non possono essere "reati a forma libera", "mai come in questa materia acquistano rilevanza e cogenza i principi di sussidiarietà e frammentarietà (...). Un nuovo delitto di plagio urterebbe inesorabilmente contro incertezze scientifiche, complessità sociologica e criminologica, esigenze di tassatività".
Il testo in esame, pertanto, si inserisce nel dibattito in merito alla eventuale introduzione di fattispecie penali ad hoc, sulla tutela dell'integrità psichica, che anche alla luce di quanto sopra riferito, risulta ancora del tutto aperto tra gli specialisti del settore.
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